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Canzone di notte n. 4
Hey notte che mi arrivi di soppiatto
notte senza rumori e senza imprese
hey notte che ti strusci come un gatto
contro gli angoli più oscuri del paese
hey notte che ti insinui in ogni anfratto
notte pavanese
hey notte che impprovvisa sei discesa felina e silenziosa come il lupo
che non permetti difesa nè resa
e tutto avvolgi in un mantello cupo
hey notte che mi ha vinto di sorpresa del tuo viluppo
il fiume muglia sempre laggiù in fondo
e nel silenzio bevi la sua voce
racconta questo eterno vagabondo storie del viaggio da sorgente a foce
ma lo interrompe un camion errabondo che romba veloce
hey notte che ricalchi l'atmosfera pacata e dolce di quando ero bambino
e la batola ritmica sbatteva in casa giù dai ruoti all'abbaino
e sentivi le macine frusciare dentro il mulino
hey notte quante notti che ho incontrato
quando tutti eravamo ancora ignari di quel che ci sarebbe capitato
notti senza traguardi e cellulari
e immortali avevamo forza e fiato come corsari
la notte la lasciavi scivolare che poi svaniva col primo barlume
età acerba e una gran voglia di andare
a parlare coi boschi e col fiume
mentre adesso quel mondo ti scompare sotto il bitume
hey notte che sussuri lentamente le rime di poeti ormai scordati
pagine lette a vuoto, tutto e niente
giorni e ricordi già dimenticati
"chimici" giochi erosi dalla mente, via frantumati
hey notte larva oscura di altre notti
rabbiose, fatte a morsi, divorate
prendendo a gabbo ipocriti e bigotti
lunghe d'inverno eterne nelle estati
chitarre e vino e via come cazzotti
notti passate
ma tutto cambia attorno e già lo sai
ti gira dentro e fuori la tua età
e allora notte, che mi porterai?
rimpianto, quiete, noia o verità?
o indifferente a tutto te ne andrai senza pietà?
notte di stelle a correre nel cielo
o son le nubi che spinte dal vento sbatacchiano impazzite come un telo
che cambia forma e posa ogni momento
e la luna scompare dietro un velo d'ombra e d argento
le poche luci accese sulle coste figurano un presepio di maniera
immagini animali nelle roste
e voci d'altri tempi ed altra era
domande accennano risposte e una preghiera
hey notte che mi lasci immaginare
fra buie luci quando tutto tace
di giorni per la quiete e per lottare
il tempo di tempesta e di bonacce
notte tranquilla che mi fai trovare forse la pace.
(torna su)
L'ultima volta
Quando è stata quell'ultima volta
che ti han preso quei sandali nuovi
al mercato coi calzoni corti
e speranza d'estate alla porta
ed un sogno che più non ritrovi
e quei sandali duravan tre mesi
poi distrutti in rincorse e cammino
quando è stata quell'ultima volta
che han calzato il tuo piede bambino
lungo i valichi dell'Appennino
Quando è stata quell'ultima volta
che ti ho vista e poi forse baciata
dimmi adesso ragazza d'allora
quando e dove te ne sei andata
perchè e quando ti ho dimenticata
Ti sembrava durasse per sempre
quell'amore assoluto e violento
quando è stato che finito il niente
perchè è stato che tutto si è spento
non ha visto nemmeno settembre
Quando è stata quell'ultima volta
che hai sentito tua madre cantare
quando in casa leggendo il giornale
hai veduto tuo padre fumare
mentre tu ritornavi a studiare
in quei giorni ormai troppo lontani
era tutto presente e il futuro
un qualcosa lasciato al domani
un'attesa di sogno e di oscuro
un qualcosa di incerto e insicuro
Sarà quando quell'ultima volta
che la vedi e la senti parlare
quando il giorno dell'ultima volta
che vedrai il sole nell'albeggiare
e la pioggia ed il vento soffiare
ed il ritmo del tuo respirare
che pian piano si ferma e scompare.
(torna su)
Su in collina
Pedro, Cassio ed anche me, quella mattina
Sotto una neve che imbiancava tutto
Dovevamo incontrare su in collina
L'altro compagno, Figl' del Biondo, il Brutto
Il vento era ghiacciato e per la schiena
Sentivamo un gran gelo da tremare
C'era un freddo compagni su in collina
Che non riuscivi neanche a respirare
Andavamo via piano, "E te cammina!"
Perché veloci non si poteva andare
Ma in mano tenevam la carabina
Ci fossero dei Crucchi a cui sparare
Era della brigata Il Brutto su in collina
Ad un incrocio forse c'era già
E insieme all'altra stampa clandestina
Doveva consegnarci "l'Unità"
Ma Pedro si è fermato e stralunato
Gridò "Compagni mi si gela il cuore
Legato a tutto quel filo spinato
Guardate là che c'è il Brutto, è la che muore"
Non capimmo più niente e di volata
Tutti corremmo su per la stradina
Là c'era il Brutto tutto sfigurato
Dai pugni e i calci di quegl'assassini
Era scalzo, né giacca né camicia
Lungo un filo alla vita e tra le mani
Teneva un'asse di legno e con la scritta
"Questa è la fine di tutti i partigiani"
Dopo avere maledetto e avere pianto
L'abbiamo tolto dal filo spinato
Sotto la neve, compagni, abbiam giurato,
Che avrebbero pagato tutto quanto.
L'abbiam sepolto là sulla collina
E sulla fossa ci ho messo un bastone
Cassio ha sparato con la carabina
Un saluto da tutto il battaglione
Col cuore stretto siam tornati indietro
Sotto la neve andando, piano piano
Piano sul ghiaccio che sembrava vetro
Piano tenendo stretta l'asse in mano
Quando siamo arrivati su al comando
Ci hanno chiesto: "La stampa clandestina!"
Cassio mostra il cartello in una mano
E Pedro indica un punto su in collina
Il cartello passò di mano in mano
Sotto la neve che cadeva fina
In gran silenzio ogni partigiano
Guardava quel bastone su in collina.
(torna su)
Quel giorno d'aprile
Il cannone è una sagoma nera contro il cielo cobalto
ed il gallo passeggia impettito dentro il nostro cortile
se la guerra è finita perché ti si annebbia di pianto
questo giorno d'aprile
Ma il paese è in festa e saluta i soldati tornati
mentre mandrie di nuvole pigre dormono sul campanile
ed ognuno ritorna alla vita come i fiori dei prati
come il vento di aprile
E la Russia è una favola bianca che conosci a memoria
e che sogni ogni notte stringendo la sua lettera breve
le cicogne sospese nell'aria il suo viso bagnato di neve
E l'Italia cantando ormai libera allaga le strade
sventolando nel cielo bandiere impazzite di luce
e tua madre prendendoti in braccio piangendo sorride
mentre attorno qualcuno una storia o una vita ricuce
e chissà se hai addosso un cappotto o se dormi in un caldo fienile
sotto il glicine tuo padre lo aspetti
con il sole d'aprile
E' domenica e in bici con lui hai più anni e respiri l'odore
delle sue sigarette e del fiume che morde il pontile
si dipinge d'azzurro o di fumo ogni vago timore
in un giorno di aprile
Ma nei suoi sogni continua la guerra e lui scivola ancora
sull'immensa pianura e rivela in quell'attimo breve
le cicogne sospese nell'aria, i compagni coperti di neve
E l'Italia è una donna che balla sui tetti di Roma
nell'amara dolcezza dei film dove canta la vita
ed un papa si affaccia e accarezza i bambini e la luna
mentre l'anima dorme davanti a una scatola vuota
Suona ancora per tutti campana e non stai su nessun campanile
perché dentro di noi troppo in fretta ci allontana
quel giorno di aprile.
(torna su)
Il testamento di un pagliaccio
Cari amici ascoltatelo un momento
sta per morire e così l'ha finita
la pagliacciata che chiamava vita:
sta per morire, e ha fatto testamento.
Cristalli di pensiero, ali di vento
ululeranno cupi questa sera
salmodieranno monaci in preghiera
perché si in pace lui muore contento.
Di cosa muore? muore intossicato
da sogni vani di democrazia,
rifiuta i compromessi alla bugia.
Muor contento? no, da disperato.
Ma cosa importa, è giunto fino in fondo
alla sua saga triste e divertente
a una vita ridicola e insipiente;
lui muore, infine, e noi restiamo al mondo.
Vi vuole tutti, amici, al funerale
con gli abiti migliori come a festa;
sarà civile, ma ci vuole in testa
sei politici servi e un cardinale.
Vaniloqui ed incenso siano attorno
promesse non risolte, altri rumori,
non risparmiate amici peccatori
qualche laica bestemmia per contorno.
Poi ci vorrebbe qua, mi consenta,
uno stilista mago del sublime,
un vip con la troietta di regime,
e chi si svende per denari trenta;
un onesto mafioso riciclato,
un duro, puro e cuore di nostalgico,
travestito da quasi democratico
e che si sente padrone dello Stato.
E per chiusura del mesto corteo
noi tutti fingeremo un'orazione
ricordando quel povero coglione
cantando in gregoriano "marameo".
Poi morto, sia sepolto, e con le mani
si sparga attentamente sul defunto
quello che l'ha ridotto, qua a questo punto
le utopie, i sogni, i desideri vani.
Risate di disprezzo, tutti i pianti,
momenti di dolore, gioia, d'ira,
accatastati, sia fatta una pira
e si appiccichi il fuoco a tutti quanti.
Chiudete allora i cancelli e le porte
che sgorgano un fumo tossico e letale,
che ad ogni ingenuo, come lui, fa male;
come per lui, può condurre alla morte.
A noi non resterà che andare via,
e sciogliendoci da quel mortale abbraccio
ricorderemo forse quel pagliaccio
e la sua lotta ingenua e così sia.
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Notti
Notti che durano non so quante ore
cascate impetuose o gocce in un mare
notti che bruciano su una ferita, notti boccate di vita
Notti indelebili che marchiano un volto
notti invisibili senza raccolto
notti da incorniciare, ore di plastica da riciclare.
Notti che spaccano il calendario senza brindare per l'anniversario
vasi di tempo che invecchiano l'uomo e le facciate di un duomo.
E con coraggio potrai viverle fino alla fine
o chiuderle in una bacheca,
ma è un'esistenza più cieca.
Con l'incoscienza potrai spenderle tutte in un sogno
per annegare il rimpianto e dare voce al tuo tempo
o forse le dimenticherai
forse le ascolterai.
Notti in difesa giocate di sponda
lì ad aspettare la tua giusta onda
notti da preda, da belva o da insetto
fuggite o prese di petto impermeabili ad ogni ricordo
C'è chi ne parla ma io resto sordo
notti acquazzoni d'estete
nubi gonfie di storie perdute
Le notti scivolano o raschiano il fondo
lievi di schiuma o pugni di piombo,
imprevedibili come naufragi,
notti da cani randagi.
Con la costanza potrai
seguirle fino a un traguardo,
voltarti indietro stupito,
ché non sei neanche partito.
Con la coerenza potrai
difenderle dalla vergogna,
o dare ragione a uno sbaglio,
strapparti di dosso il guinzaglio;
o forse le cancellerai,
forse le canterai.
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Gli artisti
Gli artisti non nascono artisti, non sembrano strani
animali ma nascono un po' come tutti,
come individui normali.
Hanno lacrime e riso,
hanno due occhi e due mani,
hanno stampata sul viso l'impronta di esseri umani.
Poi, appena un po' cresciuti,
li avvolge una strana espressione
e appare sui volti convinti la stigmate della vocazione.
Non sperano di fare il pompiere,
l'astronauta o il ciclista,
non vogliono un comune mestiere
ma vogliono essere artista.
Non sono più alti o più belli
ma indossano panni curiosi,
son quelli che lancian coltelli
sognando di esser famosi. C'è quello che annaspa
e si pigia da abile contorsionista, chiudendosi in una valigia con un costume
d'artista.
E girano il mondo dei circhi, vagando di quà e di là,
paghi d'applausi sol quando si inchinano e gridan "Voilà"!
E amano donne fedeli, che aspettano
nel carrozzone, rattoppano una calzamaglia
e adorano il loro campione.
Ci sono il cantante e l'attore, il poeta, lo stilista,
spesso son geni incompresi ma sempre si sentono artista.
Ah come invidio gli artisti che vivono nell'utopia!
Perché anche una vita infelice si illumina con la fantasia.
Io semplice essere umano,
costretto a costretti ideali,
sono solo un umìle artigiano
e volo con piccole ali.
Fabbrico sedie e canzoni,
erbaggi amari, cicoria, o un grappolo di illusioni
che svaniscono dalla memoria,
e non restano nella memoria.
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L'ultima Thule
Io che ho doppiato tre volte capo Horn e ho navigato sette volte i sette
mari e ho visto mostri ed animali rari, l'anfesibena, le sirene, l'unicorno.
Io che tornavo fiero ad ogni porto dopo una lotta, dopo un arrembaggio, non son
più quello e non ho più il coraggio di veleggiare su un vascello morto.
Dov'è la ciurma che mi accompagnava e assecondava ogni ribalderia? Dove la forza
che la circondava? Ora si è spenta ormai, sparita via.
Guardo le vele pendere afflosciate con i cordami a penzolar nel vuoto, che
sbatton lenti contro le murate con un moto continuo, senza scopo.
E vedo in aria un'insensata danza di strani uccelli contro il cielo bigio
cantare un canto in questo mondo grigio, un canto sordo ormai, senza speranza.
E qui da solo penso al mio passato, vado a ritroso e frugo la mia vita, una saga
smarrita ed infinita di quel che ho fatto, di quello che è stato.
L'Ultima Thule attende al Nord estremo, regno di ghiaccio eterno, senza vita, e
lassù questa mia sarà finita nel freddo dove tutti finiremo.
L'Ultima Thule attende e dentro il fiordo si spegnerà per sempre ogni passione,
si perderà in un'ultima canzone di me e della mia nave anche il ricordo.
(torna su)