Esecuzioni musicali: Ellade Bandini
(batteria e percussioni), Juan Carlos «Flaco» Biondini
(chitarre), Roberto Manuzzi (sax, armonica), Roberto Marchiò
(violino), Ares Tavolazzi (basso), Vince Tempera (piano e
tastiere). Programmazione tastiere: Piero Cairo.
Arrangiamenti: Vince Tempera. Produzione: Renzo Fantini.
Registrato alla Cetra Art Recording di Milano nella
primavera del 1990. Tecnico del suono: Ezio De Rosa.
Mixaggio: Ezio De Rosa e Renzo Fantini, con l'assistenza di
Alberto Boi e Claudio Pois. CoPertina: Raffaella Cavalieri,
Roberto Serra.
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Quello che non...
La vedi nel cielo quell' alta pressione, la senti una strana
stagione?
Ma a notte la nebbia ti dice d' un fiato che il dio dell'
inverno è arrivato.
Lo senti un aereo che porta lontano? Lo senti quel suono di
un piano,
di un Mozart stonato che prova e riprova, ma il senso del
vero non trova?
Lo senti il perchè di cortili bagnati, di auto a morire nei
prati,
la pallida linea di vecchie ferite, di lettere ormai non
spedite?
Lo vedi il rumore di favole spente? Lo sai che non siamo più
niente?
Non siamo un aereo né un piano stonato, stagione, cortile od
un prato...
Conosci l' odore di strade deserte che portano a vecchie
scoperte,
e a nafta, telai, ciminiere corrose, a periferie misteriose,
e a rotaie implacabili per nessun dove, a letti, a brandine,
ad alcove?
Lo sai che colore han le nuvole basse e i sedili di un' ex
terza classe?
L' angoscia che dà una pianura infinita? Hai voglia di me e
della vita,
di un giorno qualunque, di una sponda brulla? Lo sai che non
siamo più nulla?
Non siamo una strada né malinconia, un treno o una
periferia,
non siamo scoperta né sponda sfiorita, non siamo né un
giorno né vita...
Non siamo la polvere di un angolo tetro, né un sasso tirato
in un vetro,
lo schiocco del sole in un campo di grano, non siamo, non
siamo, non siamo...
Si fa a strisce il cielo e quell' alta pressione è un film
di seconda visione,
è l' urlo di sempre che dice pian piano:
"Non siamo, non siamo, non siamo..."
(torna su)
Canzone delle domande consuete
Ancora qui a domandarsi e a far finta di niente
come se il tempo per noi non costasse l' uguale,
come se il tempo passato ed il tempo presente
non avessero stessa amarezza di sale.
Tu non sai le domande, ma non risponderei
per non strascinare parole in linguaggio d' azzardo;
eri bella, lo so, e che bella che sei,
dicon tanto un silenzio e uno sguardo...
Se ci sono non so cosa sono e se vuoi
quel che sono o sarei, quel che sarò domani,
non parlare non dire più niente, se puoi,
lascia farlo ai tuoi occhi, alle mani...
Non andare... vai... Non restare...stai... Non parlare...
parlami di te...
Tu lo sai, io lo so, quanto vanno disperse,
trascinate dai giorni come piena di fiume
tante cose sembrate e credute diverse,
come un prato coperto a bitume.
Rimanere così, annaspare nel niente,
custodire i ricordi, carezzare le età;
è uno stallo o un rifiuto crudele e incosciente
del diritto alla felicità...
Se ci sei, cosa sei? Cosa pensi e perchè?
Non lo so, non lo sai; siamo qui o lontani?
Esser tutto, un momento, ma dentro di te,
aver tutto, ma non il domani...
Non andare... vai.. Non restare...stai... Non parlare...
parlami di te...
E siamo qui spogli in questa stagione che unisce
tutto ciò che sta fermo, tutto ciò che si muove,
non so dire se nasce un periodo o finisce,
se dal cielo ora piove o non piove...
Pronto a dire "buongiorno", a rispondere "bene",
a sorridere a "salve", dire anch'io "come va?"
Non c'è vento stasera. Siamo o non siamo assieme?
Fuori c'è ancora una città?
Se c'è ancora balliamoci dentro stasera,
con gli amici cantiamo una nuova canzone...
tanti anni e son qui ad aspettar primavera,
tanti anni ed ancora in pallone...
Non andare... vai... Non restare...stai... Non parlare...
parlami di te...
Non andare... vai... Non restare...stai... Non parlare...
parlami di noi...
(torna su)
Canzone per Anna
La luce incerta della sera getta fantasmi ed ombre sulla tua
finestra,
non pensi o non vorresti più pensare.
Bambine in fiore con sorrisi ambigui che lungo i colli si
faranno cupi,
rincasano veloci per mangiare.
E tu, che hai già conosciuto questo gioco,
non sai più com'era in quel passato,
non sai se sorridere od urlare.
Non sei più bella come un tempo quando cercò il tuo corpo
quello di un compagno,
dimmi se fu paura o fu piacere.
Ma adesso senti il tempo che ti abbraccia come qualcosa che
ti segna in faccia,
che non si vede ma che sai d' avere
E' come quel male a cui non si dà il nome,
un' ossessione circolare
fra la volontà ed il non potere.
Brandelli di canzoni, frasi e televisioni parlano dalle
finestre aperte,
in un telegiornale qualcuno il bene o il male denuncia,
auspica, avverte;
frasi del quotidiano ti sfiorano pian piano ed entrano senza
toccarti
s' infilano negli angoli della tua casa suoni che tu non
sai.
Un uomo in canottiera, dietro ad una ringhiera, innaffia dei
fiori cittadini.
Un grido e un pianto acuto già spenti in un minuto segnalano
tragedie di bambini,
odori di frittate e minestre riscaldate combattono lo smog
di un diesel,
un fuoristrada assurdo che romba per partire e non va mai.
E tu sei sola sola sola sola, ti senti sola sola sola sola e
pensi a un figlio temuto che ora non hai.
Ma dura un attimo quel tuo pensiero, atomo incerto in mezzo
al falso e al vero,
per lasciar posto ai giorni che vivrai...
Niente "se" e "forse", fra le occasioni avute e perse
restano solo ore scomparse,
di certo hai solo quello che farai...
La luce incerta della sera fonde col buio che entra, e
presto si confonde tutto,
come a chi guarda senza un fuoco;
la luce accendi e in viso si disegna forse un sorriso che le
labbra spiega
come se fosse stato tutto un gioco...
Fa niente, danno in TV un programma intelligente,
ci vuole un tè aromatico e bollente
e poi che il sonno arrivi a poco a poco...
(torna su)
Ballando con una sconosciuta
Con gesti da gatto infilava
sui tetti le antenne,
in alto d' estate sui grattacieli della periferia
come un angelo libero, in bilico sulla città.
"Non c'è solo il vento", diceva, "anche la luce può portarti via,
se hai tempo da perdere e dentro la giusta elettricità,
e se da sempre ti aspetti un miracolo."
Captare è un mestiere difficile in questa città,
nel cielo ricevere, trasmettere e poi immaginarsi qualunque cosa,
per ferire il silenzio che tutti hanno dentro di sé.
Ma lui credeva nelle ferite e si sfiorava, si toccava nel cuore con la
mano nervosa,
guardando le nuvole correre via impazienti da lì,
da quel tetto sospeso sugli uomini...
Finchè un giorno un' antenna ribelle ai programmi di quiz
fece sparire le strisce e nel cielo, trasmise l'immagine della Madonna,
una donna normale, non male, che disse così:
"Io spengo la luce, se vuole io posso fare una musica più forte del
vento,
posso anche uscire dal monitor, dalla gravità,
potremmo ballare anche subito se lei non ha fretta e non vuole tornare
laggiù."
E noi siamo sempre veloci a cambiare canale,
ma coi piedi piantati per terra, guardando la vita con aria distratta,
senza entrare nel campo magnetico della felicità,
felicità che sappiamo soltanto guardare, aspettare, cercare già fatta,
quasi fosse anagramma perfetto di facilità,
barando su un' unica lettera...
Conoscevo quell' uomo e per questo racconto di lui,
è sparito da allora e nessuno ha scoperto dov'è,
ma un dubbio, un sospetto od un sogno io almeno ce l' ho:
provate a passare in una sera d' estate vicino ai grattacieli di
periferia,
provate a sentire, captare, trasmettere e poi raccontare qualcosa:
se allora sentite una musica son loro che ballano in bilico sulla
città...
(torna su)
Le ragazze della notte
Che cosa cercano le ragazze della notte, trucco e toilettes
che si spampanano piano
come il ghiaccio va in acqua dentro al tumbler squagliandosi
col caldo della mano,
e frugano con gli occhi per vedere un viso o un' ombra nell'
oscurità
o per trovare qualcuno a cui ripetere le frasi solite di
quell' umanità...
Ma chi aspettano le ragazze della notte in quei bar zuppi di
alcolici e fiati,
di uomini vocianti che strascinano pacchi di soldi forse
male guadagnati,
le vedi appendersi adoranti e innaturali a quei califfi cui
io non darei una lira;
chissà se sognano vite più normali mentre la notte gira gira
gira...
E si mettono a cantare un po' stonate quando qualcuno va a
picchiare un piano,
canzoni vecchie, storie disperate, gli amori in rima di un
tempo già lontano
e si immedesimano in quelle parole scritte per altre tanto
tempo fa,
"Bella senz' anima", "Quando tramonta il sole",
"Suona un' armonica", "Ne me quitte pas", "Ne me quitte pas"...
Che cosa dicono le ragazze della notte a quei baristi
ruffiani e discreti
che si chinano preteschi sul bancone per confessare chissà
quali segreti
e poi guardano in controluce a un bicchiere e agili danzano
versando un liquore;
quanto da dire e quanto c'è da bere mentre la notte macina
le ore...
Oh, come amo le ragazze della notte così simili a me, cosi
diverse,
noi passeggeri di treni paralleli, piccoli eroi delle
occasioni perse,
anche se so che non ci incontreremo, ma solamente ci
guardiamo passare,
anche se so che mai noi ci ameremo con il rimpianto di non
poterci amare...
Finchè anche dai vetri affumicati spinge la luce ed entra
all' improvviso
e autobus gonfi di sonni arretrati passano ottusi nel
mattino intriso
di edicole che espongono i giornali pieni di fatti che
sappiamo già,
di cappucci e brioche e dei normali rumori che ha al mattino
una città...
Ma dove vanno le ragazze della notte che all' alba fuggono
complice un taxì,
stanche di tanto, piene del rimorso d' avere forse detto
troppi sì,
ma lo scacciano presto ed entra in loro solo un filo di
spossatezza leggera,
che le accompagnerà lungo il lavoro, che condurrà diritto
fino a sera...
Ma chi sono le ragazze della notte...
(torna su)
Tango per due
Coppia che sta silenziosa, un po' rigida e in posa, a
ballare, una sera:
la vita è solo una cosa rimasta indietro non c'è più, ma
c'era;
composta e indomenicata, eleganza sfuocata raggiunta a
fatica,
l' oggi ha cambiato facciata, ma di quell' ieri passato io
so
che tante ne potreste raccontare e il ricordo stempera e non
guasta
quante cose e facce da narrare che come si dice un romanzo
non basta,
nate con un rapido "a domani", continuate in giorni di "si"
e "no",
lampi sotto cieli suburbani e raffica il tango che vi
presentò...
Lui biella, stantuffo, leva, muscoli, grinta, officina, sole
lei, lei quiete, chitarra, vela, segreti, donna, calore,
viole,
lui bar, alcol ,nicotina, capelli indietro, cravatta, bici,
lei, lei rayon, lei signorina, la permanente coi ricci...
Coppia di fronte a un bianchino, anonimo vino frizzante
anidride:
la vita che buffa cosa, ma se lo dici nessuno ride.
Coppia legata dai giorni, partenze e ritorni, fortezza e
catena,
datemi i vostri ricordi, ditemi che ne valeva la pena...
Ora le luci son spente, sta uscendo la gente, saluti e
rumore,
ditemi che avete in mente, come una volta, di fare l' amore,
quello che è stato un segreto di un prato o di un greto, del
buio di un viale,
quel gioco ardente e discreto, da allora sempre diverso ed
uguale...
chi lo sa se ciò che è da cercare, ciò che non sai mai se
vuoi o non vuoi,
sia così banale da trovare, sia lungo ogni strada, sia a
fianco di noi,
perso in tante scatole di odori, angoli e tendine che non so
impronte di paesaggi e di colori, manciata di un tango che
vi accompagnò...
Lui biella, stantuffo, leva, muscoli, grinta, officina, sole
lei, lei quiete, chitarra, vela, segreti, donna, calore,
viole,
lui bar, alcol, nicotina, capelli indietro, cravatta, bici,
lei, lei rayon, lei signorina, lei, lei...
(torna su)
Cencio
Ci sarà forse ancora, appesa in qualche angolo
o a macchiare di ricordi un muro dell'Associazione
Bocciofila Modenese,
fra mucchi di coppe e trofei vinti in tornei ogni volta "del
secolo",
glorie oscure di eroi dell' a punto, del volo, delle
bocciate secche e tese
quella foto sul pallaio, presa una sera di quasi estate
con me e Cencio vicini, fintamente assorti a guardare il
punto,
perché l'umorismo popolare volle immortalare assieme me, il
Gigante,
e Cencio il Nano, viso già d' uomo serio, compreso, quasi
compunto...
Non so come sia capitato in mezzo a noi, confuso branco
adolescente di un periodo oscuro
di amori e di domande che gonfiavano la testa e i fianchi a
ondate sofferte ma cercate
e poi quei raspare fra sottovesti in nailon, rubando al buio
quel po' di rubabile,
scoprire e esser scoperti, coraggiosi ed incerti e dopo,
in branco, raccontarsi e tutti a turno ad ascoltarsi, ma
lui...
Eh, lui non aveva un amore da dire, no, lui non aveva una
storia,
solo crearsi avventure di cosce e di seni che poi ci sparava
a brutto muso
e noi lì ad ascoltarlo sorridendo, senza razzismo né boria,
ma senza capire ciò che voleva essere anche lui, solo un
normale adolescente ottuso.
Eppure usava lo stesso barbaro gergo e gli stessi jeans
consumati
e amava gli stessi film di bossoli e marines lungo i mari
giapponesi,
parlava di rock e fumetti, e non perdeva i cartoni animati
e come noi guardava esplodere il mondo con gli stessi occhi
attenti, spauriti, sorpresi...
Ma cosa pensava lontano da noi, cosa sognava quand' era da
solo?
Con le stesse voglie e con gli stessi eroi, ma ali più
piccole per lo stesso volo.
Forse sognava anche troppo e davvero, certo in quel branco
si sentiva perso.
Dove scappare per sentirsi vero, dove fuggire per non essere
diverso?
E sognò il circo, realtà capovolta, mondo di uguali perché
tutti strani,
la nostra solita realtà stravolta, quell' Eden senza giganti
o nani.
"Cencio è scappato via, ma l' han già beccato!" Dopo due
giorni era già ritornato...
Ma il tempo più ottuso di noi incalza per tutti, sia per i
giganti che i nani:
chi immaginava allora che ognuno sarebbe finito in un
proprio circo personale?
Vincenti o perdenti non importa, ma quasi mai secondo i
propri piani,
con la faccia tinta, sul trapezio, fra i leoni, solo attenti
a non farsi troppo male.
Qualcuno m' ha detto che vivi in provincia, con una
ballerina bulgara o rumena;
chissà se hai poi trovato di dentro la tua vera altezza?
Addio amico venuto dal passato per un momento appena,
addio giorni andati in un soffio, amici mai più incontrati;
s'ciao, giovinezza...
(torna su)
A Emilia
Le Alpi, si sa, sono un muro di sasso, una diga confusa,
fanno tabula rasa
di noi che qui sotto, lontano, più in basso, abbiamo la
casa;
la casa ed i piedi in questa spianata di sole che strozza la
gola alle rane,
di nebbia compatta, scabrosa, stirata che sembra di pane
ed una strada antica come l' uomo marcata ai bordi dalla
fantasie di un duomo
e fiumi, falsi avventurieri che trasformano i padani in
marinai non veri...
Emilia sdraiata fra i campi e sui prati, lagune e piroghe
delle terramare,
guerrieri del Nord dai capelli gessati, ne hai visti
passare!
Emilia allungata fra l' olmo e il vigneto, voltata a cercare
quel mare mancante
e il monte Appennino rivela il segreto e diventa un gigante.
Lungo la strada fra una piazza e un duomo hai messo al mondo
questa specie d' uomo:
vero, aperto, finto, strano, chiuso, anarchico, verdiano...
brutta razza, l' emiliano!
Emilia sognante fra l' oggi e il domani, di cibo, motori, di
lusso e balere,
Emilia di facce, di grida, di mani, sarà un grande piacere
vedere in futuro da un mondo lontano quaggiù sulla terra una
macchia di verde
e sentire il mio cuore che batte più piano e là dentro si
perde...
passeggia un cane e abbaia al vento un uomo...
Ora ti saluto, è quasi sera, si fa tardi, si va a vivere o a
dormire da Las Vegas a Piacenza,
fari per chilometri ti accecano testardi, ma io sento che
hai pazienza, dovrai ancora sopportarci....
(torna su)
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