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Guccini in Esperanto

...quasi come Dumas... (1988)

 
...quasi come Dumas...
Due anni dopo [6'15'']
Auschwitz [5'26'']
Ti ricordi quei giorni? [4'08'']
L'ubriaco [4'02'']
Giorno d'Estate [3'49'']
Primavera di Praga [4'52'']
L'albero e io [5'20'']
Per quando è tardi [4'43'']
Dio è morto [3'25'']
Al trist [5'43'']

Per la prima volta Auschwitz è ufficialmente firmata da Guccini. Esecuzioni musicali: Ellade Bandini (batteria), Juan Carlos «Flaco» Biondini (chitarre), Roberto Manuzzi (sax, armonica e tastiere), Ares Tavolazzi (basso), Vince Tempera (piano e tastiere), Franco Zorzi (programmazione tastiere). Speaker: Alexandra Vàvrovà. Arrangiamenti collettivi. Produzione: Renzo Fantini. Registrazioni live al Palatrussardi di Milano il 17/9/1988, al Palasport di Pordenone il 26/9/1988, al Teatro dell'Istituto Culturale dell'Ambasciata d'Italia di Praga il 3/10/1988. Studio mobile Umbi Modena, tecnico del suono Maurizio Maggi. Missaggi Cetra Art Recording, tecnico del suono Ezio De Rosa con l'assistenza di Alberto Boi. Cover concept e fotografie: Roberto Serra. Art: Alessandra Callari.

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Due anni dopoTorna dietro

Visioni e frasi spezzettate si affacciano di nuovo alla mia mente,
l'inverno e il freddo le han portate, o son cattivi sogni solamente.

Mattino verrà e ti porterà
le silouhettes consuete di parvenze;
poi ti sveglierai e ricercherai
di desideri fragili esistenze...

Lo specchio vede un viso noto, ma hai sempre quella solita paura
che un giorno ti rifletta il vuoto oppure che svanisca la figura.

E ancora non sai se vero tu sei
o immagine da specchi raddoppiata;
nei giorni che avrai però cercherai
l'immagine dai sogni seminata...

L'inverno ha steso le sue mani e nelle strade sfugge ciò che sento.
Son trine bianche e neri rami che cambiano contorno ogni momento.

E ancora non sai come potrai
trovare lungo i muri un' esperienza;
sapere vorrai, ma ti troverai
due anni dopo al punto di partenza...

E senti ancora quelle voci di mezzi amori e mezze vite accanto;
non sai però se sono vere o sono dentro all' anima soltanto;

nei sogni che hai, sai che canterai
di fiori che galleggiano sull'acqua.
Nei giorni che avrai ti ritroverai
due anni dopo sempre quella faccia...

La la la la...

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AuschwitzTorna dietro

Son morto con altri cento, son morto ch' ero bambino,
passato per il camino e adesso sono nel vento e adesso sono nel vento....

Ad Auschwitz c'era la neve, il fumo saliva lento
nel freddo giorno d' inverno e adesso sono nel vento, adesso sono nel vento...

Ad Auschwitz tante persone, ma un solo grande silenzio:
è strano non riesco ancora a sorridere qui nel vento, a sorridere qui nel vento...

Io chiedo come può un uomo uccidere un suo fratello
eppure siamo a milioni in polvere qui nel vento, in polvere qui nel vento...

Ancora tuona il cannone, ancora non è contento
di sangue la belva umana e ancora ci porta il vento e ancora ci porta il vento...

Io chiedo quando sarà che l' uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare e il vento si poserà e il vento si poserà...

Io chiedo quando sarà che l' uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare e il vento si poserà e il vento si poserà e il vento si poserà...

(torna su)


Ti ricordi quei giorni?Torna dietro

Ti ricordi quei giorni?
Uscimmo dopo le canzoni per camminare piano...
Ti ricordi quei giorni?
Gli amici bevevano vino, qualcuno parlava e rideva, noi quasi lontano,
vicino a te,
vicino a me
e ci parlammo ognuno per lasciare qualcosa,
per creare qualcosa, per avere qualcosa...

Ti ricordi quei giorni?
I tuoi occhi si incupivano, il tuo viso si arrossava
e ti stringevi a me nella mia stanza,
quasi un respiro, poi mi dicesti "Basta,
perché non voglio guardarti,
perché ho paura ad amarti".
E dicesti, e dicesti e dicesti...

Le tue parole
quasi io non ricordo più,
ma nemmeno tu ricordi niente....

Ora dove sei e che gente
vede il tuo viso e ascolta
le tue parole leggere,
le tue sciocchezze leggere,
le tue lacrime leggere,
come una volta?

Che cosa dici ora
quando qualcuno ti abbraccia
e tu nascondi la faccia
e tu alzi fiera la faccia
e guardi diritto in faccia
come allora?

Qui un poco piove e un poco il sole,
aspettiamo ogni giorno
che questa estate finisca,
che ogni incertezza svanisca...

E tu? Io non ricordo più
che voce hai...
Che cosa fai?
Io non credo davvero
che quel tempo ritorni,
ma ricordo quei giorni,
ma ricordo quei giorni,
ma ricordo quei giorni
ma ricordo...

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L'ubriacoTorna dietro

Appoggiato sulle braccia, dietro al vetro d' un bicchiere,
alza appena un po' la faccia e domanda ancora da bere.
I rumori della strada filtran piano alle pareti,
dorme il gatto sulla panca e lo sporco appanna i vetri.

Cade il vino nel bicchiere poi nessuno più si muove
e non sai se fuori all'aria ci sia il sole oppur se piove.
E quell'uomo si ricorda e, per uno scherzo atroce,
quasi il vino gli dà forza, l'illusione gli dà voce.

E si alza sulle gambe, sbarra gli occhi e poi traballa,
come con i riflettori sopra il gesto delle braccia..
La la la la la la ..

Ma si ferma all'improvviso e ricade giù a sedere,
torna l'ombra sul suo viso, torna il vino nel bicchiere.
E lontano, oltre, nel tempo, una folla misteriosa
è scattata tutta in piedi, grida: "Bravo, bene, ancora!"

Son tornati i riflettori sul suo viso e sulle mani,
si alza e accenna ad un inchino per quei pubblici lontani.
E più forte tra quei muri quella voce ora si è alzata
e fa tintinnare i vetri e rimbalza sulla strada...
La la la la la la...La la la la la la...

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Giorno d'EstateTorna dietro

Giorno d'estate, giorno fatto di sole,
vuote di gente son le strade in città,
appese in aria e contro i muri parole,
ma chi le ha dette e per che cosa chissà.

I manifesti sono visi di carta che non dicono nulla e che nessuno più guarda,
colori accesi dentro ai vicoli scuri,
sembrano un urlo quelle carte sui muri,
sembrano un urlo quelle carte sui muri...

Giorno d'estate, giorno fatto di vuoto,
giorno di luce che non si spegnerà;
sembra d' andare in un paese remoto,
chissà se in fondo c'è la felicità.

Un gatto pigro che si stira sul muro, sola cosa che vive, brilla al sole d'estate;
si alza nell'aria come un suono d'incenso,
l'odore di tiglio delle strade alberate,
l'odore di tiglio delle strade alberate...

Giorno d'estate, giorno fatto di niente,
grappoli d'ozio danzan piano con me,
il sole è un sogno d'oro, ma evanescente,
guardi un istante e non sai quasi se c'è.

Dentro ai canali l'erba grassa si specchia, cerchi d'ombra e di fumo sono voci lontane;
nell'acqua il sole con un quieto barbaglio
brucia uno stanco gracidare di rane,
brucia uno stanco gracidare di rane...

Giorno d'estate senza un solo pensiero,
giorno in cui credi di non essere vivo,
gioco visivo che non credi sia vero
che può svanire svelto come un sorriso.

Vola veloce ed iridato un uccello come un raggio di luce da un cristallo distorto:
vola un moscone e scopre dietro a un cancello
la religiosa sonnolenza d' un orto,
la religiosa sonnolenza d' un orto...

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Primavera di PragaTorna dietro

Di antichi fasti la piazza vestita
grigia guardava la nuova sua vita,
come ogni giorno la notte arrivava,
frasi consuete sui muri di Praga,
ma poi la piazza fermò la sua vita
e breve ebbe un grido la folla smarrita
quando la fiamma violenta ed atroce
spezzò gridando ogni suono di voce...

Son come falchi quei carri appostati,
corron parole sui visi arrossati,
corre il dolore bruciando ogni strada
e lancia grida ogni muro di Praga.
Quando la piazza fermò la sua vita,
sudava sangue la folla ferita,
quando la fiamma col suo fumo nero
lasciò la terra e si alzò verso il cielo,
quando ciascuno ebbe tinta la mano,
quando quel fumo si sparse lontano,
Jan Hus di nuovo sul rogo bruciava
all'orizzonte del cielo di Praga...

Dimmi chi sono quegli uomini lenti
coi pugni stretti e con l'odio fra i denti,
dimmi chi sono quegli uomini stanchi
di chinar la testa e di tirare avanti,
dimmi chi era che il corpo portava,
la città intera che lo accompagnava,
la città intera che muta lanciava
una speranza nel cielo di Praga,

dimmi chi era che il corpo portava,
la città intera che lo accompagnava,
la città intera che muta lanciava
una speranza nel cielo di Praga,
una speranza nel cielo di Praga,
una speranza nel cielo di Praga...

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L'albero e ioTorna dietro

Quando il mio ultimo giorno verrà dopo il mio ultimo sguardo sul mondo,
non voglio pietra su questo mio corpo, perché pesante mi sembrerà.
Cercate un albero giovane e forte, quello sarà il posto mio;
voglio tornare anche dopo la morte sotto quel cielo che chiaman di Dio.

Ed in inverno nel lungo riposo, ancora vivo, alla pianta vicino,
come dormendo, starò fiducioso nel mio risveglio in un qualche mattino.
E a primavera, fra mille richiami, ancora vivi saremo di nuovo
e innalzerò le mie dita di rami verso quel cielo così misterioso.

Ed in estate, se il vento raccoglie l'invito fatto da ogni gemma fiorita,
sventoleremo bandiere di foglie e canteremo canzoni di vita.
E così, assieme, vivremo in eterno qua sulla terra, l'albero e io
sempre svettanti, in estate e in inverno contro quel cielo che dicon di Dio...

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Per quando è tardiTorna dietro

Quando è tardi e per le strade scivolano sguardi
di gente che ha sol fretta di tornare e i cinema si chiudono ed i caffè si vuotano,
per le strade, assieme al freddo e ai tristi canti opachi,
sono rimasti gli ultimi ubriachi,
un ciondolare stanco verso il nuovo bianco giorno che verrà...

Si discute delle rivoluzioni mai vissute
e degli amori fatti di bevute e di carriere morte nel bicchiere
nelle sere a gambe aperte con il mondo in mano
cantando mentre sputano lontano
come se fosse in faccia all'universo...

E li vedi, girare lenti strascicando i piedi,
parlare forte a tutti od a nessuno
o piangere aggrappati ai muri, stanchi e addormentati.
L'ora vola e il vino amico o ammazza o li consola
e il vino li fa vivere o morire
e la tristezza solita o li uccide o se ne va...

E li vedi, girare lenti strascicando i piedi,
persone strane, sogni a cui non credi,
stagliarsi contro il cielo che si imbianca; nella stanca
mattina che si riempie già di vita,
piangendo un'altra notte che è finita,
attendere, non sai dove, quando il buio tornerà,
attendere, non sai dove, quando il buio tornerà,
attendere, non sai dove, quando il buio tornerà...

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Dio è mortoTorna dietro

Ho visto
la gente della mia età andare via
lungo le strade che non portano mai a niente,
cercare il sogno che conduce alla pazzia
nella ricerca di qualcosa che non trovano
nel mondo che hanno già, dentro alle notti che dal vino son bagnate,
dentro alle stanze da pastiglie trasformate,
lungo alle nuvole di fumo del mondo fatto di città,
essere contro ad ingoiare la nostra stanca civiltà
e un dio che è morto,
ai bordi delle strade dio è morto,
nelle auto prese a rate dio è morto,
nei miti dell' estate dio è morto...

Mi han detto
che questa mia generazione ormai non crede
in ciò che spesso han mascherato con la fede,
nei miti eterni della patria o dell' eroe
perchè è venuto ormai il momento di negare
tutto ciò che è falsità, le fedi fatte di abitudine e paura,
una politica che è solo far carriera,
il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto,
l' ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto
e un dio che è morto,
nei campi di sterminio dio è morto,
coi miti della razza dio è morto
con gli odi di partito dio è morto...

Ma penso
che questa mia generazione è preparata
a un mondo nuovo e a una speranza appena nata,
ad un futuro che ha già in mano,
a una rivolta senza armi,
perchè noi tutti ormai sappiamo
che se dio muore è per tre giorni e poi risorge,
in ciò che noi crediamo dio è risorto,
in ciò che noi vogliamo dio è risorto,
nel mondo che faremo dio è risorto...

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Al tristTorna dietro

A m sun desdé stamatéina l'è primavéra ma al piòv
a m sun desdé stamatéina l'è primavéra ma al piòv,
a n pos purtéret fòra anch sl'lè dmanga
perchè a n gh'ò ménga al vsti nòv,
a n gh'ò ménga al vsti nòv, oh sé...

A gh'era tò péder sù l'òss, a I m'à dmandè quand a té spòs,
ma gh'era tò péder sù l'òss, a I m'à dmandè quand a té spòs
mé, ch'a fagh fadiga a magnér per mé,
péinsa mò béin s'a x'foss in dò,
péinsa mò béin s'a x'foss in dò...

E quand l'é gnuda tò médra a gh'ò dmandé in dòv t'ér té,
Ho dét, quand l'é gnuda tò médra a gh'ò dmandé in dòv t'ér té, oh sé,
la m'ha rispòst ch'tér andéda via
con un ch'al gh'à più sòld che mé,
con un ch'al gh'à più sòld che mé, oh sé...

E mé a sun ché in mez a la stréda séinza savéir csa pòsia I fé
l'é bròtt débòn sté a la dmanga a bsaca vòda e séinza té
e intant a m piòv sòvra a la testa
e a sòn tòt mòi còmm un pulséin,
a sòn tòt mòi còmm un pulséin, oh sé...

A sòn da sòl d'lòngh a la stréda e a zigh dabòun còmm un putéin,
A sòn da sòl d'lòngh a la stréda e a zigh dabòun còmm un putéin,
l'é primavéra ind al lunari,
ma a pér che invéren sia turné
l'é primavéra ind al lunari,
ma a pér che invéren sia turné, oh sé...

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